Figli della Divina Provvidenza (FDP) A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W Z ordine alfabetico per Cognome
Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario) |
F (54)
5. Fantin Luigi 10. Fattor Mario 11. Favarato Luigi 12. Favaretto Igino 14. Fedeli Mario 15. Felici Lucio 16. Felici Ulderico 19. Ferracci Angelo 20. Ferracci Umberto 21. Ferrarese Orfeo 22. Ferrari Antonio 23. Ferrari Cesare 24. Ferrari Giuseppe 26. Ferrero Michele 27. Ferretti Silvio 28. Ferri Celso 29. Ferrini Matteo 31. Ferronato Paolo 33. Filia Salvatore 36. Filippini Arturo 38. Fiori Giuseppe 39. Florentino Edgard de Jesus 40. Florczak Zygmunt 41. Florian Giulio 42. Foglia Giuseppe 45. Formentin Bruno 46. Foroni Pietro 47. Fragoli Antonio 51. Frette Marciano 53. Froli Marcello 54. Frosi Albino |
da Codevilla (Pavia), morto a Genova il 24 aprile 1972, a 76 anni di età, 58 di Professione e 52 di Sacerdozio. Riposa nel cimitero di Tortona. Mentre
accompagnavamo, così, don Bariani alla sua ultima dimora, il caro don Fiori
all'ospedale di Tortona ci preoccupava ogni giorno più, non vedendo segni di
ripresa. Era
ricoverato dal 25 febbraio e mi impressionava, nelle frequenti visite, il
presentimento che aveva di essere ormai alla fine. « Sento che questa volta
non ce la faccio » — mi confidava, sorridendo bonariamente com'era solito. E
quando gli avevo fatto l'augurio: « Vedrete che le forze torneranno e
potrete essere con noi al Santuario per la concelebrazione del 12 marzo », mi
aveva risposto: « Al Santuario di qui o al Santuario di là... — Perchè
avesse il conforto di essere in una nostra casa, (sentiva tanto il bisogno di
sentirsi come in famiglia) dall'ospedale di Tortona — dove era seguito con
incomparabile premura specie dal primario prof. Carlo Uggeri — lo si è
trasferito il 27 marzo alla nostra piccola clinica di San Roberto presso
l'Istituto Paverano di Genova. Ebbe un grande sollievo nel sentirsi
circondato da confratelli e suore che già lo avevano curato, e quasi
prodigiosamente guarito nel 1967. (Nell'ottobre '66 era stato gravissimo:
ricordo che Mons. Angelo, da Villa Moffa dov'era stato il giorno della Mater
Dei per le Professioni, era passato all'ospedale di Tortona per una visita e
lo aveva trovato in condizioni tali che, dandomi notizie a Buenos Aires, mi
preannunciava la fine ormai imminente). — Certo, anche per una ripresa così
insperata, don Fiori era rimasto tanto riconoscente a! Piccolo Cottolengo
Genovese e vi tornò con piacere e speranza. Un qualche sollievo di più, nei
primi giorni, e poi il graduale aggravarsi del male, come avevano
pronosticato anche i medici di Tortona. La sera del 12 aprile gli ho
amministrato l'Olio degli Infermi, che aveva ricevuto già il 29 agosto,
edificando con la sua pietà, in occasione della benedizione dei malati al
Santuario della Madonna della Guardia. Eravamo in parecchi nella sua
cameretta e restammo ammirati quando — prima del rito — con serenità e fortezza
di spirito pari alla sua semplicità — ci disse: « lo non so se morirò o non
morirò: ma desidero ricevere l'Olio Santo per dimostrare ancora una volta la
mia piena disponibilità al volere di Dio ». La
nostra commozione doveva poi crescere, non solo per la intensa pietà con cui
rispose a tutte le preghiere, ma per i sentimenti espressi al termine del
rito. « Ora — ci disse — desidero baciare
le mani al mio Direttore generale e a tutti
i presenti per esprimere la mia riconoscenza a Don Orione e alla
Congregazione, che mi è stata sempre madre, chiedendo perdono a tutti se non
ho sempre corrisposto come avrei dovuto... — Ero vicinissimo a lui, e non ho
fatto a tempo a impedire che mi prendesse le mani. Avevamo tutti le lacrime
agli occhi. Il 14 ebbe la gioia di un telegramma con la
benedizione del Santo Padre: aveva sempre voluto tanto bene al Papa e ritenne
quel premio benedicente come una ricompensa alla sua fedeltà. Il 15 nella
cameretta c'era il Card. Siri, con parole tanto affettuose ed una benedizione
consolantissima. Ancora qualche alternativa di speranza.
La domenica 23 aprile da Firenze dovevo tornare a Roma. Alla stazione mi è
parso di sentire come una voce che mi chiamava a
Genova e la sera ero di nuovo al suo capezzale. Lo trovai alla
fine, così spossato che non riuscì a proferire una parola. Ma gli
occhi erano eloquenti e capivo la sua gratitudine perchè ero tornato accanto a
lui, la sua compiacenza per le così belle notizie che gli portavo della
splendida commemorazione a Palazzo Vecchio di Firenze. Con la mano indicò
appena: Non posso parlare... — Quando lo abbiamo benedetto, dopo una preghiera
alla Madonna, ringraziò con gli occhi ma non ebbe la forza di segnarsi. Ebbe
ancora una piccola ripresa al mattino, dopo una notte
tanto agitata e sofferta. Non solo mi riconobbe ma si segnò con tanta pietà
quando gli ho dato la benedizione. Ma era ormai l'inizio
dell'agonia. Ci fece capire che desiderava si continuasse a pregare.
Rispondeva alle litanie e alle giaculatorie, muovendo le labbra.
Quando già gli occhi s'erano fatti immobili, dava ancora un cenno
percettibile col capo, mentre recitando le litanie — intenzionalmente — ripetevo
qualcuna delle invocazioni: Mater boni con-silii... Janua coeli — Auxilium
christianorum... —
Don
Petrelli, che gli era al capezzale col fratello Alfonso gli teneva da tempo l'ossigeno
e io gli suggerivo ancora giaculatorie all'orecchio, quando alle
9,30 andava incontro al suo Signore, così, con la sua grossa corona nera al
collo (da quanto tempo?) e un crocifisso di metallo
che portava sul petto forse dagli anni del suo noviziato. Ebbe
generosi suffragi dalla famiglia del Piccolo Cottolengo Genovese; con don
Parodi e don Sciaccaluga, tutti gli volevano un gran
bene. Dopo la concelebrazione nella cappella del Paverano, la salma
sul mezzogiorno del 25 aprile venne portata al Santuario della
Guardia di Tortona dove nel pomeriggio un gran numero di confratelli,
di ex alunni, di amici gli ha reso un tributo di affetto che non
poteva essere più solenne, presente il Vescovo Ausiliare Mons. Angeleri,
molti sacerdoti diocesani, rappresentanze venute dal suo pase
natale e da tante nostre case anche lontane. Ho
baciato la bara prima che venisse tumulata accanto a quella di don Bariani,
intendendo ringraziarlo ancora una volta anche così per
tutto il bene voluto a Don Orione in tanti anni di vita religiosa, senza
risparmiarsi mai finché le forze lo ressero: in Italia, a Rodi,
nuovamente in patria con tanti incarichi di responsabilità, e sempre pronto all'obbedienza anche quando ormai sessantenne — con la mamma
anziana e gravemente malata — accettò nel 1952 di andare in Argentina, ben
sapendo che a Buenos Aires lo aspettava il Signore con la croce sulle spalle
e la mamma non l'avrebbe più trovata al suo ritorno... — Questo aveva
imparato dal Direttore Don Orione, e questo insegnamento ci lascia — fra
tanti — come più preziosa eredità. Ora non sentiremo più la sua
voce, sempre così calda e squillante. Sapeva che lo ritenevamo uno dei
nostri più valorosi oratori e se ne compiaceva, sempre pronto, e in ogni
occasione, a prendere la parola, grato anzi ogni volta che lo si invitava.
Quell'oratoria un poco esuberante dei tempi andati e pur sempre bene accetta
perchè rivelatrice di un amore davvero grande per la Madonna, per il Papa,
per Don Orione. Erano i suoi temi preferiti, con squarci lirici — come in un
discorso a Reggio Calabria, rapito dall'azzurro del cielo e del mare — o con
intermezzi non propriamente liturgici, come in due non meno famosi discorsi
a Monte Pellegrino per Santa Rosalia e a Messina per la Madonna Consolata.
Noi, un po' birichini, si sorrideva a volte: ma ci siamo anche, e più spesso,
commossi: come durante l'ultimo Capitolo generale quando ad Albano Laziale
indugiò in lontani ricordi del « Direttore » (Don Orione era sempre rimasto
per lui « il Direttore ») trasportandoci in un'atmosfera di tanta intimità
familiare e tale dolcezza che il ripensare a quelle ore, indimenticate e
indimenticabili, vuol dire rivivere i momenti più belli dell'intero
Capitolo. Molti di voi, o carissimi,
sanno quanto ho voluto bene a don Fiori, proprio per la sua semplicità, per
il suo gran cuore, e quanta benevolenza don Fiori ha sempre nutrito per me. Andavo alla Casa Madre spesso,
in questi anni passati, e proprio per il gaudio che mi veniva da ogni
incontro con lui, sempre così affettuoso e premuroso. Gli devo una
gratitudine tutta speciale e ho inteso esprimerla anche con queste righe che
il cuore mi ha suggerite. Accettatele come un omaggio riconoscente e filiale
alla sua memoria, unendovi tutti a me nella carità di suffragi. Don Giuseppe Zambarbieri su Atti e Comunicazioni della Curia
Generalizia,aprile giugno 1972 Don
GIUSEPPE FIORI da
Codevilla (Pavia), morto nel Piccolo Cottolengo di Genova II 24-IV-1972 a 77
ani di
età, 60 di professione e 53 di
sacerdozio. Don Orione stesso lo ricevette
il 9 gennaio 1909 nella Casa di Tortona, e, nella festività dell'Assunta del
medesimo anno, lo rivestì dell'abito clericale. Ordinato Sacerdote, da Mons.
Grassi, Vescovo di Tortona, il 14 giugno 1919, fu mandato da Don Orione a
dirigere l'Istituto S. Cuore di S. Severino Marche, alla fine dello stesso
anno. Nel novembre del 1920, in seguito alla partenza di Don Adaglio per la
Palestina, lo sostituì nella direzione dell'Istituto S. Filippo Neri dri Via
Alba in Roma. Dal 1921 al 1935 fu contemporaneamente Direttore degli Istituti
S. Filippo di Roma, S. Cuore di Anzio e Bambin Gesù di S. Oreste (Roma). Dal 1935 al 1947 diresse
l'Ospizio dei Cavalieri a Rodi, nell'Egeo. Nel contempo fungeva da
Cappellano della G.I.L. e nel 1941 la sua attività educativa fra i giovani
venne ufficialmente riconosciuta dall'Autorità Civile mediante il conferimento
della onorificenza di Cavaliere della Corona d'Italia. Rientrato in Italia, nel 1947,
diresse l'Istituto Manin di Venezia. Poi venne nominato, successivamente,
Direttore Provinciale di «S. Marziano» in Milano, di « N.S. della Guardia» in
Argentina (1952-1955), e dei «SS. Apostoli» in Roma (1958-1959). Fu pure Direttore dell'Istituto
Filosofico di Bra, del « Berna » di Mestre, e della Casa Madre di Tortona ove
rimase in carica fino al 1968. Ammalatosi, andò ripetutamente in ospedale per
disturbi alla prostata, la cui periodica recrudescenza gli procurò gravi
sofferenze fisiche e morali. Si aggravò nuovamente dopo Natale e fu
ricoverato all'Ospedale di Tortona. Alla fine di marzo fu trasferito al
Paverano di Genova, ove ritornò al Signore la mattina del 24-4-1972. Sacerdote e Religioso di gr?n
cuore, semplice e di ottimo spirito, fu fra i principali collaboratóri di D.
Orione e D. Sterpi che lo stimarono molto e furono sempre da lui ricambiati
con grande venerazione ed affetto filiale. Atti e Comunicazioni della Curia
Generalizia, aprile giugno 1972 su
"Don Orione", 1 maggio 1972
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