Figli della Divina Provvidenza (FDP)

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ordine alfabetico per Cognome

 

 Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario) 

 

F (54)

 

1.      Falappi Giovanni

2.      Falardi Angelo Giuseppe

3.      Falchetti Dario

4.      Fancinelli Vito

5.      Fantin Luigi

6.      Fantini Oreste

7.      Farabegoli Mario

8.      Farinasso Giovanni

9.      Farronato Eliodoro

10.  Fattor Mario

11.  Favarato Luigi

12.  Favaretto Igino

13.  Fazzino Sebastiano

14.  Fedeli Mario

15.  Felici Lucio

16.  Felici Ulderico

17.  Fenocchio Giuseppe

18.  Ferlito Sebastiano

19.  Ferracci Angelo

20.  Ferracci Umberto

21.  Ferrarese Orfeo

22.  Ferrari Antonio

23.  Ferrari Cesare

24.  Ferrari Giuseppe

25.  Ferreira Maurilio Luiz

26.  Ferrero Michele

27.  Ferretti Silvio

28.  Ferri Celso

29.  Ferrini Matteo

30.  Ferronato Eliodoro

31.  Ferronato Paolo

32.  Fijalkowski Leone

33.  Filia Salvatore

34.  Filippi Alessandro

35.  Filippi Francesco

36.  Filippini Arturo

37.  Filipponi Gabriele

38.  Fiori Giuseppe

39.  Florentino Edgard de Jesus

40.  Florczak Zygmunt

41.  Florian Giulio

42.  Foglia Giuseppe

43.  Fogliarino Edmondo

44.  Forlini Giampietro

45.  Formentin Bruno

46.  Foroni Pietro

47.  Fragoli Antonio

48.  Francalancia Basilio

49.  Franceschini Alfonso

50.  Franchetto Armando

51.  Frette Marciano

52.  Frigerio Juan Carlos

53.  Froli Marcello

54.  Frosi Albino

Sac. Giuseppe Fiori

  da Codevilla (Pavia), morto a Genova il 24 aprile 1972, a 76 anni di età, 58 di Professione e 52 di Sacerdozio. Riposa nel cimitero di Tortona.

 

 

Mentre accompagnavamo, così, don Bariani alla sua ultima di­mora, il caro don Fiori all'ospedale di Tortona ci preoccupava ogni giorno più, non vedendo segni di ripresa.

Era ricoverato dal 25 febbraio e mi impressionava, nelle fre­quenti visite, il presentimento che aveva di essere ormai alla fine. « Sento che questa volta non ce la faccio » — mi confidava, sorri­dendo bonariamente com'era solito. E quando gli avevo fatto l'au­gurio: « Vedrete che le forze torneranno e potrete essere con noi al Santuario per la concelebrazione del 12 marzo », mi aveva rispo­sto: « Al Santuario di qui o al Santuario di là... — Perchè avesse il conforto di essere in una nostra casa, (sentiva tanto il bisogno di sentirsi come in famiglia) dall'ospedale di Tortona — dove era se­guito con incomparabile premura specie dal primario prof. Carlo Uggeri — lo si è trasferito il 27 marzo alla nostra piccola clinica di San Roberto presso l'Istituto Paverano di Genova. Ebbe un gran­de sollievo nel sentirsi circondato da confratelli e suore che già lo avevano curato, e quasi prodigiosamente guarito nel 1967. (Nel­l'ottobre '66 era stato gravissimo: ricordo che Mons. Angelo, da Villa Moffa dov'era stato il giorno della Mater Dei per le Professio­ni, era passato all'ospedale di Tortona per una visita e lo aveva trovato in condizioni tali che, dandomi notizie a Buenos Aires, mi preannunciava la fine ormai imminente). — Certo, anche per una ripresa così insperata, don Fiori era rimasto tanto riconoscente a! Piccolo Cottolengo Genovese e vi tornò con piacere e speranza. Un qualche sollievo di più, nei primi giorni, e poi il graduale aggra­varsi del male, come avevano pronosticato anche i medici di Tor­tona. La sera del 12 aprile gli ho amministrato l'Olio degli Infermi, che aveva ricevuto già il 29 agosto, edificando con la sua pietà, in occasione della benedizione dei malati al Santuario della Madon­na della Guardia. Eravamo in parecchi nella sua cameretta e re­stammo ammirati quando — prima del rito — con serenità e for­tezza di spirito pari alla sua semplicità — ci disse: « lo non so se morirò o non morirò: ma desidero ricevere l'Olio Santo per dimo­strare ancora una volta la mia piena disponibilità al volere di Dio ».

La nostra commozione doveva poi crescere, non solo per la intensa pietà con cui rispose a tutte le preghiere, ma per i senti­menti espressi al termine del rito. « Ora — ci disse — desidero baciare le mani al mio Direttore generale e a tutti i presenti per espri­mere la mia riconoscenza a Don Orione e alla Congregazione, che mi è stata sempre madre, chiedendo perdono a tutti se non ho sempre corrisposto come avrei dovuto... — Ero vicinissimo a lui, e non ho fatto a tempo a impedire che mi prendesse le mani. Aveva­mo tutti le lacrime agli occhi. Il 14 ebbe la gioia di un telegramma con la benedizione del Santo Padre: aveva sempre voluto tanto bene al Papa e ritenne quel premio benedicente come una ricom­pensa alla sua fedeltà. Il 15 nella cameretta c'era il Card. Siri, con parole tanto affettuose ed una benedizione consolantissima. Anco­ra qualche alternativa di speranza. La domenica 23 aprile da Firen­ze dovevo tornare a Roma. Alla stazione mi è parso di sentire co­me una voce che mi chiamava a Genova e la sera ero di nuovo al suo capezzale. Lo trovai alla fine, così spossato che non riuscì a proferire una parola. Ma gli occhi erano eloquenti e capivo la sua gratitudine perchè ero tornato accanto a lui, la sua compiacenza per le così belle notizie che gli portavo della splendida commemo­razione a Palazzo Vecchio di Firenze. Con la mano indicò appena: Non posso parlare... — Quando lo abbiamo benedetto, dopo una pre­ghiera alla Madonna, ringraziò con gli occhi ma non ebbe la forza di segnarsi. Ebbe ancora una piccola ripresa al mattino, dopo una notte tanto agitata e sofferta. Non solo mi riconobbe ma si segnò con tanta pietà quando gli ho dato la benedizione. Ma era ormai l'inizio dell'agonia. Ci fece capire che desiderava si continuasse a pregare. Rispondeva alle litanie e alle giaculatorie, muovendo le labbra. Quando già gli occhi s'erano fatti immobili, dava ancora un cenno percettibile col capo, mentre recitando le litanie — intenzio­nalmente — ripetevo qualcuna delle invocazioni: Mater boni con-silii... Janua coeli — Auxilium christianorum... Don Petrelli, che gli era al capezzale col fratello Alfonso gli teneva da tempo l'ossi­geno e io gli suggerivo ancora giaculatorie all'orecchio, quando al­le 9,30 andava incontro al suo Signore, così, con la sua grossa corona nera al collo (da quanto tempo?) e un crocifisso di metallo che portava sul petto forse dagli anni del suo noviziato.

Ebbe generosi suffragi dalla famiglia del Piccolo Cottolengo Genovese; con don Parodi e don Sciaccaluga, tutti gli volevano un gran bene. Dopo la concelebrazione nella cappella del Paverano, la salma sul mezzogiorno del 25 aprile venne portata al Santuario del­la Guardia di Tortona dove nel pomeriggio un gran numero di con­fratelli, di ex alunni, di amici gli ha reso un tributo di affetto che non poteva essere più solenne, presente il Vescovo Ausiliare Mons. Angeleri, molti sacerdoti diocesani, rappresentanze venute dal suo pase natale e da tante nostre case anche lontane.

Ho baciato la bara prima che venisse tumulata accanto a quella di don Bariani, intendendo ringraziarlo ancora una volta anche così per tutto il bene voluto a Don Orione in tanti anni di vita religiosa, senza risparmiarsi mai finché le forze lo ressero: in Italia, a Rodi, nuovamente in patria con tanti incarichi di responsabilità, e sempre pronto all'obbedienza anche quando ormai sessantenne — con la mamma anziana e gravemente malata — accettò nel 1952 di an­dare in Argentina, ben sapendo che a Buenos Aires lo aspettava il Signore con la croce sulle spalle e la mamma non l'avrebbe più trovata al suo ritorno... — Questo aveva imparato dal Direttore Don Orione, e questo insegnamento ci lascia — fra tanti — come più preziosa eredità.

Ora non sentiremo più la sua voce, sempre così calda e squil­lante. Sapeva che lo ritenevamo uno dei nostri più valorosi oratori e se ne compiaceva, sempre pronto, e in ogni occasione, a prende­re la parola, grato anzi ogni volta che lo si invitava. Quell'oratoria un poco esuberante dei tempi andati e pur sempre bene accetta perchè rivelatrice di un amore davvero grande per la Madonna, per il Papa, per Don Orione. Erano i suoi temi preferiti, con squarci li­rici — come in un discorso a Reggio Calabria, rapito dall'azzurro del cielo e del mare — o con intermezzi non propriamente litur­gici, come in due non meno famosi discorsi a Monte Pellegrino per Santa Rosalia e a Messina per la Madonna Consolata. Noi, un po' birichini, si sorrideva a volte: ma ci siamo anche, e più spesso, commossi: come durante l'ultimo Capitolo generale quando ad Al­bano Laziale indugiò in lontani ricordi del « Direttore » (Don Orio­ne era sempre rimasto per lui « il Direttore ») trasportandoci in un'atmosfera di tanta intimità familiare e tale dolcezza che il ri­pensare a quelle ore, indimenticate e indimenticabili, vuol dire ri­vivere i momenti più belli dell'intero Capitolo.

Molti di voi, o carissimi, sanno quanto ho voluto bene a don Fiori, proprio per la sua semplicità, per il suo gran cuore, e quanta benevolenza don Fiori ha sempre nutrito per me.

Andavo alla Casa Madre spesso, in questi anni passati, e pro­prio per il gaudio che mi veniva da ogni incontro con lui, sempre così affettuoso e premuroso. Gli devo una gratitudine tutta specia­le e ho inteso esprimerla anche con queste righe che il cuore mi ha suggerite. Accettatele come un omaggio riconoscente e filiale alla sua memoria, unendovi tutti a me nella carità di suffragi.

 

Don Giuseppe Zambarbieri su Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia,aprile giugno 1972

 

 

Don GIUSEPPE FIORI

 

da Codevilla (Pavia), morto nel Piccolo Cottolengo di Genova II 24-IV-1972 a 77 ani  di  età, 60 di  professione e 53 di sacerdozio.

 

Don Orione stesso lo ricevette il 9 gennaio 1909 nella Casa di Tortona, e, nella festività dell'Assunta del medesimo anno, lo rivestì dell'abito clericale.

Ordinato Sacerdote, da Mons. Grassi, Vescovo di Tortona, il 14 giugno 1919, fu mandato da Don Orione a dirigere l'Istituto S. Cuore di S. Severino Marche, alla fine dello stesso anno. Nel novembre del 1920, in seguito alla partenza di Don Adaglio per la Palestina, lo sostituì nella direzione dell'Istituto S. Filippo Neri dri Via Alba in Roma. Dal 1921 al 1935 fu contemporaneamente Direttore degli Istituti S. Filippo di Roma, S. Cuore di Anzio e Bambin Gesù di S. Oreste (Roma).

Dal 1935 al 1947 diresse l'Ospizio dei Cavalieri a Rodi, nell'Egeo. Nel contem­po fungeva da Cappellano della G.I.L. e nel 1941 la sua attività educativa fra i giovani venne ufficialmente riconosciuta dall'Autorità Civile mediante il conferi­mento della onorificenza di Cavaliere della Corona d'Italia.

Rientrato in Italia, nel 1947, diresse l'Istituto Manin di Venezia. Poi venne nominato, successivamente, Direttore Provinciale di «S. Marziano» in Milano, di « N.S. della Guardia» in Argentina (1952-1955), e dei «SS. Apostoli» in Roma (1958-1959).

Fu pure Direttore dell'Istituto Filosofico di Bra, del « Berna » di Mestre, e della Casa Madre di Tortona ove rimase in carica fino al 1968. Ammalatosi, andò ripetutamente in ospedale per disturbi alla prostata, la cui periodica recrudescenza gli procurò gravi sofferenze fisiche e morali. Si aggravò nuovamente dopo Natale e fu ricoverato all'Ospedale di Tortona. Alla fine di marzo fu trasferito al Paverano di Genova, ove ritornò al Signore la mattina del 24-4-1972.

Sacerdote e Religioso di gr?n cuore, semplice e di ottimo spirito, fu fra i principali collaboratóri di D. Orione e D. Sterpi che lo stimarono molto e furono sempre da lui ricambiati con grande venerazione ed affetto filiale.

 

    Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia, aprile giugno 1972

 

 su "Don Orione", 1 maggio 1972

su “Don Orione” 1 agosto 1972