Figli della Divina Provvidenza (FDP) A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W Z ordine alfabetico per Cognome
Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario) |
F (54)
5. Fantin Luigi 10. Fattor Mario 11. Favarato Luigi 12. Favaretto Igino 14. Fedeli Mario 15. Felici Lucio 16. Felici Ulderico 19. Ferracci Angelo 20. Ferracci Umberto 21. Ferrarese Orfeo 22. Ferrari Antonio 23. Ferrari Cesare 24. Ferrari Giuseppe 26. Ferrero Michele 27. Ferretti Silvio 28. Ferri Celso 29. Ferrini Matteo 31. Ferronato Paolo 33. Filia Salvatore 36. Filippini Arturo 38. Fiori Giuseppe 39. Florentino Edgard de Jesus 40. Florczak Zygmunt 41. Florian Giulio 42. Foglia Giuseppe 45. Formentin Bruno 46. Foroni Pietro 47. Fragoli Antonio 51. Frette Marciano 53. Froli Marcello 54. Frosi Albino |
Sac. Angelo Ferracci da Vallecorsa (Frosinone), ivi passato al Signore il 26 gennaio 1996, a 58 anni di età, 41 di professione e 30 di sacerdozio. Apparteneva alla Provincia religiosa dei SS. Apostoli (Roma). Il motto “Recisa virescit” può definire anche la vicenda terrena di questo nostro Confratello. Dalle rovine della guerra, che in un istante seppellirono i suoi Cari, Angelo fanciullo si aprì all’azione della Provvidenza che ne trasse un sacerdote e religioso esemplare, una personalità umana apprezzata e benvoluta da tutti. Nato il 16 ottobre 1938, aveva soltanto sei anni quando una durissima prova — la morte dei genitori e di altri parenti per bombardamento aereo, il 23 gennaio 1944 — segnò i suoi affetti e quelli dei fratelli Umberto, di anni dodici, e Michele. Provvidenzialmente, uno zio, che conosceva l'Opera Don Orione, li affidò, il 17 febbraio 1945, a Don Gaetano Piccinini, direttore dell'istituto San Filippo in Roma, in attesa di essere trasferiti al nuovo Piccolo Cottolengo di Don Orione in Napoli. Dai primi di marzo, Angelo compì in Napoli, sotto la direzione buona e paterna di Don Musso, i corsi elementari: dopo il 12 ottobre 1949, venne accolto nel seminarietto dell'Opera, allora in attività nel complesso di Via della Camilluccia in Roma e affidato alle cure di Don Petruccelli. Completate le medie a Velletri e a Patrica, passò, nel settembre 1952, alla Colonia di Monte Mario per il ginnasio. L'8 settembre 1953 riceveva da Don Piccinini il sacro abito e, nel 1954-55, faceva il noviziato a Villa Moffa, pronunciando, il 12 settembre 1955, la prima professione, seguita dal liceo sino al 1958. Dopo il tirocinio ad Anzio (1958-61), compiva regolarmente il corso teologico in Tortona, ricevendo poi il presbiterato a Vallecorsa, il 16 luglio 1966. Sacerdote, gli fu affidata l’assistenza dei poliomielitici a Monte Mario (Roma 1966), frequentando anche l'anno di pastorale presso l'Ateneo Salesiano. Passava poi nel 1968 vicario al probandato di Grotte di Castro (Viterbo), e tornava di nuovo a Roma, incaricato dell'Oratorio di Ognissanti nel 1969, come vicepreside al San Filippo (1970), insegnante e incaricato del doposcuola e della sezione Exallievi, ottenendo nel frattempo la licenza in Sacra Teologia (1970) e l'abilitazione statale (1976). Da allora, per 15 anni fu insegnante di lettere, dispiegando nell’attività didattica ed educativa il meglio delle sue risorse, con ottimi risultati, raccogliendo generale consenso tra alunni, genitori e docenti. Destinato direttore al Piccolo Cottolengo di Napoli, dall’84 all’87, si mostrò sensibilissimo alle tante sofferenze umane che lì venivano curate. Ma non gli resse fisicamente il cuore colpito da infarto (dicembre 1986). Tuttavia, lavoratore infaticabile, non ristette a commiserarsi per la ridotta salute: nel 1987 l’obbedienza gli chiese altro, e lui fu prontissimo! Per nove anni svolse il prezioso e delicato compito di segretario “tuttofare” dei Direttori provinciali in Roma, e saltuariamente coadiuvò in servizio simile presso la Curia generalizia (1990). Grazie a lui, per tutti questi anni, abbiamo ricevuto, puntuale e apprezzato, il “Notiziario della Provincia”. Nel frattempo, il suo spirito andava affinandosi. In appunti personali sulla sua vita passata, aveva scritto: “Io ho creduto all’intervento di Dio in ogni situazione dell’uomo, per cui ho sempre concluso i miei “se...” con la certezza che quanto mi era capitato era la miglior cosa per me”. E in una confidenza recentissima, riferendosi all’acquisizione della irreversibile malattia: “Che stolto sono stato ad arrabbiarmi. Non accettavo! Ero arrabbiato e non volevo esserlo! Ma ora ringrazio Dio per la pace che mi dà nell’accettare serenamente. Non fa niente, se qualcuno non capisce, ma io sto sereno.”. Una serenità conquistata a caro prezzo e definitivamente sua per l’eternità. Di temperamento vivo, di schietta giovialità, eppur modesto e fin timido, “tanto da prendersela con se stesso le centinaia di volte che avrebbe potuto e dovuto prendersela con gli altri” - ricorda di lui un confratello. Era di cuore generoso, aperto. E in una pagina si fotografava così: “Nonostante il mio caratteraccio, posso affermare che ho sempre voluto bene a tutti; non conosco l’odio; la mia grande gioia è far felici gli altri”. La conferma è nella sua vita. Negli ultimi mesi, prostrato dall’implacabile male, si abbandonò al Signore in un tramonto luminoso: il sacramento degli infermi, amministratogli, con inconsueta solennità liturgica, mentre era circondato da tutti i confratelli di Via della Camilluccia, gli diede il senso dolce dell’approdo al Padre. “Quanto sei bella, Madonna mia!”, sussurrò con un sorriso rivolto alla Vergine della Sanità, nell’ultimo giorno trascorso nella nativa Vallecorsa. Volonteroso e intelligente, si donò con cuore filiale alla Congregazione: in uffici delicati mostrò la diligenza più attenta, bramoso di donare tutto se stesso e la collaborazione più cordiale e desiderata a Superiori e confratelli. La partecipazione plebiscitaria al funerale, con oltre 40 concelebranti dell’Opera e diocesani e presieduto dal Confratello Mons. Andrea Gemma, Vescovo di Isernia, ha rivelato la misura della stima e del rimpianto per questo degno “figlio di Don Orione”. (dagli
"Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia") |