Figli della Divina Provvidenza (FDP) A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W Z ordine alfabetico per Cognome
Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario) |
T (39) 1. Tacca Carlo 2. Taggiasco Giuseppe (Fra Antonio) 10. Taverna Ernesto 11. Tedaldi Romeo 12. Terenghi Damiano 13. Terzi Ignazio 15. Testa Armando 16. Tezze Teofilo 18. Tiburzio Michele 19. Tirello Giuseppe 20. Tiveron Alvise 21. Tomasella Renato 22. Tombari Sergio 23. Tonelli Giuseppe 24. Tonini Quinto 25. Tonoli Rocco 28. Torti Giovanni 30. Tosetti Mario 31. Tosik Enrico 32. Toso Bernardino 33. Toso Giovanni 34. Tossutti Antonio (Fr. Placido) 35. Tozzo Luigi 36. Trevisan Giacomo 37. Tricerri Antonio 38. Troiani Domenico 39. Troncon Giovanni |
Sac. MICHELE TIBURZIO da Avezzano (L’Aquila), morto nel policlinico di Buenos Ayres, il 16 settembre 1974 a 72 anni di età, 55 di professione e 46 di sacerdozio.
Accolto da Don Orione nel 1916, subito dopo il terremoto di Avezzano (il piccolo Michele aveva perduto l'intera famiglia) da Roma fu trasferito a Cassano Ionio (Cosenza), fece il probandato, il noviziato e, il 17 luglio 1919, emise pure la prima professione. Dal 1919 al 1923 fu a Tortona, prima al Convitto Paterno come assistente dei giovani tipografi, indi al Probandato di Via Mirabelle in qualità di assistente dei probandi. Fatto il servizio militare (1923-1924) passò successivamente a San Severìno Marche (Macerata) e poi all'Istituto Manin di Venezia. Nel 1927 ritornò a Tortona per completare il corso di Teologia, e nel 1928 fu ordinato sacerdote da Mons. Grassi. Il 15 agosto 1929 partì per l'America del sud assieme a Don Giuseppe Montagna, si fermò per breve tempo a Montevideo (Uruguay) e poi raggiunse l'Argentina, ove prestò la sua preziosa opera nelle varie istituzioni della Piccola Opera ivi esistenti. Fu a Victoria e a Nueva Pompeya (1929-1936) diresse le scuole al « Boneo » di Rosario (1937-1947), e al « San Martin de Tours » in San Fernando (1947-1956) poi, fino al 1962, nel Chaco a Saenz Pena, nel 1962 fu mandato a Gerii con l'incarico di aprirvi una Casa per Giovani Lavoratori indi fu direttore del « S. Vincente de Paul » in Avellaneda (fino al 1968), e infine a Villa Lugano in Buenos Ayres, suscitandovi quella scuola industriale che doveva essere la estrema, generosa sua fatica. Era ritornato in Italia nell'agosto del 1946 per partecipare al secondo Capitolo Generale della Congregazione, e recentemente per rivedere i suoi parenti che gli rimasero sempre tanto affezionati. Don Michele Tiburzio imparò dalla sofferenza ad essere comprensivo dei bisogni altrui e generoso nel soccorrerli. Fece tanto bene nel campo dell'apostolato caritativo ed educativo, ove si prodigò con entusiasmo, distinguendosi soprattutto per l'inalterabile spirito di giovialità con cui si attirava la simpatia e la benevolenza di quanti lo avvicinavano, specie dei giovani. Colpito da un male inguaribile fu assistito amorevolmente dai nostri Religiosi che lo curarono nell'ospedale nostro di Claypole. Aggravatosi, fu trasferito nel policlinico di Buenos Ayres, da dove ritornò al Signore il 16 settembre 1974. Atti e comunicazioni della Curia
Generale DON
TIBURZIO: 45 ANNI DI FATICHE IN ARGENTINA... Ho
scritto così, carissimi, soprattutto pensando al compianto Don Tiburzio e ai
suoi 45 anni di fatica in Argentina. Sempre allegro e scherzoso si era
guadagnato la benevolenza di tutti: confratelli, insegnanti, parrocchiani,
alunni, famiglie, nelle varie Case dove la Provvidenza lo aveva mandato e dove — tornando — si sentiva desiderato
come amico di tutti. Ricordo il giorno in cui si era insieme a Saenz Pena,
nell'aprile 1964, quando fece l'ingresso il primo Vescovo di quella nuova
diocesi del Chaco, che era stata, fin'allora (in buona parte) la immensa
parrocchia dei figli di Don Orione. Era così popolare, il P. Tiburzio, e vi
riceveva attestazioni così calorose che ad un certo momento lo sentii dire
(con una di quelle battute che gli erano caratteristiche): « Bisognerà che
non esca, quando passerà il nuovo Vescovo: perchè la gente farà forse più
festa a me che a lui, e potrebbe offendersi... ». Trentacinque anni di lavoro, di
sacrificio, nelle scuole e nelle parrocchie, da una parte all'altra
dell'Argentina, non avevano menomamente inciso sui suo abituale umore! Aveva
passato la settantina e continuava a prodigarsi, felice — non c'è ombra di
amplificazione — di rimanere sulla breccia (ancora tre anni fa, a Lanùs, con
oltre mille alunni ed un solo confratello in aiuto) anche se la salute non
era più quella di una volta e ripetutamente aveva dovuto essere ricoverato
all'ospedale di Claypole. Ma, quasi miracolosamente, ne era sempre uscito. Speravo che il miracolo si
ripetesse, quando il P. Beron, settimane fa, mi aveva comunicato che il P.
Tiburzio non stava bene, che era all'ospedale e si temeva purtroppo un male
inguaribile. Furono alterne vicende. Ad una nipote, molto affezionata, che telefonava
ogni giorno da Ladispoli, avevo potuto dare migliori notizie la mattina dei
16 settembre e la sera dovevo purtroppo comunicarle che don Tiburzio era
mancato per collasso improvviso, quando pareva profilarsi un miglioramento. Dandomi notizie il P. Beron mi
ha mandato una ietterà, trovata sul comodino dell'ospedale. Stava
scrivendomi (chissà, con quanta fatica, povero e caro Don Tiburzio e con
quale amore!) ma non riuscì a completarla... Penso che io farà ora dal cielo,
dove lo penso accanto a Don Orione, con Don Piccinini, Don Di Pietro, Don Del
Rosso, coi ragazzi che, salvati dalle macerie del terremoto di Abruzzo,
seppero esprimere con la prova più grande di amore la loro gratitudine,
mettendosi nelle mani di Don Orione e dando, come lui, la vita per i
fratelli. Anche e specialmente il P. Tiburzio merita ben più che queste righe
di ricordo, e dovremo onorarlo in modo degno. Intanto, non potendo per ora
dire di più, lascio parlare lui. Sentite che cosa mi scriveva nella sua
lettera rimastra incompleta: ...E
L'ULTIMA SUA LETTERA, INCOMPIUTA « Buenos Aires, 12-9-74 (dia de
Don Orione) «Carissimo Don Zambarbieri e
membri del Consiglio Gen. « Ricevo or ora la sua più che fraterna lettera del
30 di agosto pp. « nell'ospedale « Scuola
General San Martin » dove fui internato direttamente da Claypole il giorno
14-8-1974. Mi curano molto « bene. Finora mi praticarono 54 analisi tutte
negative. Al presente ho ricuperato tutte le mie forze secondo i suoi auguri. Al ricevere la presente starò in
Claypole per alcuni giorni di convalescenza. Però i miei superiori così
dispongono et causa finita est. Al leggere la sua, forti emozioni fino alle
lacrime si impossessarono di me, pensando che in congregazione ancora ci
amiamo. Deo gratias! « Si aggiungano a questa
circostanza i cari e cordiali ricordi dei carissimi confratelli del C.G. le
cui firme interpretavo con le lacrime negli occhi e più nel cuore. Quella che
più mi costò fu la firma del carissimo
Don Pilatowicz a cui esprimo le mie condoglianze per il trapasso all'eternità
del caro Don Szymkus. Devo compiere una promessa fatta ai confratelli della
Polonia « mandando loro una bellissima e lunga lettera che Don Orione « mandò
al P. Szymkus ed a me, stando in Rosario. « In Villa Lugano sto
aspettando una risoluzione del Ministero " de Bienestar Social "
per la ricostruzione dei reparti di scuola tecnica. Una fabbrica (Carnea) mi
ha dato 30.000.000 di pesos che ho investito per la costruzione di 5 aule di
9,50x6,30 metri (son quasi terminate). L'altro ieri ricevetti 27.000.000
di pesos dal Municipio di Buenos Aires
per interessamento di un gruppo di
deputati peronisti e di un professore del Collegio per « l'educazione fisica. « Durante questa malattia mi
sono state di molto conforto le visite di molte famiglie — ex alunni, alunni
e alunne dei vari collegi — tutti dona ferentes ...doni che compartecipavo con i
degenti del mio reparto. « Ho il permesso di celebrare
nella mia stanza. Di tanto in tanto mi
tocca assistere alcuni ammalati gravi. Questa volta sono stato prossimo al Rubicone... L'ho potuto varcare. Però San
Pietro mi comunicò di dar grazia a Dio per trovarsi il paradiso in completo periodo di ampliazioni edilizie... « Il giorno 12 di agosto mi
sorpresero dolori intensissimi che mi paralizzarono la respirazione, la circolazione.
La pressione oscillava dal 28 al 4. Il medico considerava un caso perduto. «
Ordinò al P. Beron presente nella mia stanza di andare a comperare d'urgenza
iniezioni riattivanti. Arrivarono a tempo ». Si riprometteva di darmi altre
notizie, povero e caro P. Tiburzio, nella lettera scritta in varie riprese.
Invece, improvvisamente si aggravò quando ormai sperava di tornarsene a casa. Il P. Beron — nel riferirmi i
particolari degli ultimi giorni (quanta fede e che serenità di fronte alla
morte!) e dicendomi lo stupore di tutti, all'ospedale,
per il continuo succedersi di visitatori, specie di giovani, accanto al
letto del P. Tiburzio - mi ha partecipato l'enorme rimpianto suscitato dalla
morte di un confratello straordinariamente amato da tutti, accennando alla
provvidenziale circostanza per cui, a presiedere la concelebrazione il
giorno dei funerali al Piccolo Cottolengo di Claypole, c'era il Vescovo di
Saenz Pena, Mons. Di Stefano, che aveva conosciuto tanto bene P. Tiburzio
nel Chaco e sapeva di che cosa era stato capace in anni tanto difficili. « Abbiamo perduto una colonna
della Provincia », afferma il P. Beron. E' verissimo. Con questa e con altre
colonne che rispondono ad uomini di fede e di sacrificio, come P. Zanocchi,
P. Dutto, P. Montagna, P. Enrico Contardi, P. Cesare Di Salvatore, P. Benito
Anzolin (e l'elenco sarebbe lungo) che cosa è riuscito a costruire, Don
Orione, in Argentina! E' un pensiero che deve far riflettere. E se si vuole
onorare degnamente la loro memoria — dal P. Tiburzio al primo « missionario »
che ha incontrato la morte lavorando in Argentina — penso non ci sia modo
migliore che camminare nel solco in cui hanno faticato questi pionieri, così
fedeli e generosi nella fedeltà al Fondatore. (Don Giuseppe Zambarbieri)
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