Figli della Divina Provvidenza (FDP) A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W Z ordine alfabetico per Cognome
Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario) |
L (31)
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Sac. Lelli
Cesare
da Rocca Cometa di Lizzano (Bologna), tornato al Signore il 17 agosto 1993 nell'ospedale di Araguaina (Tocantìns) (Brasile), a 64 anni di età, 44 di professione religiosa e 35 di sacerdozio. Nel nostro ospedale di Araguaina nel Tocantìns (Brasile), si stava curando un'affezione epatica dagli esiti alterni, preparato alla chiamata del Signore. Lo si rileva dalla sua ultima lettera al Superiore Generale Don Simionato, nella quale, con cristiana e religiosa visione della realtà e della situazione, chiede umilmente perdono a tutti e, come il servo del Vangelo, si diceva, pur bisognoso ed inutile, tuttavia disponibile alla volontà divina, dopo aver lavorato una vita per la missione del Tocantìns e dell'amato popolo brasiliano, col programma "sono qui, Signore, fa di me ciò che vuoi!...". Nato il 3 giugno 1941, accolto a Montebello fa la prima conoscenza con l'Opera Don Orione, iniziando subito le classi medie e ginnasiali nelle Case di Vigevano, Vogherà, Buccinigo e Ortonovo, anche a causa degli eventi bellici (40-45); qui, stimolato dalla sua giovanile e naturale curiosità di conoscere nuovi paesi, coltiva la sua vocazione di... lontane terre da evangelizzare, la sua "missio ad gentes". Compiuto l'anno di noviziato a Villa Solari di Genova (1947- 48), emette la sua prima professione l'11 ottobre '48, passando quindi a compiere il corso filosofico a Villa Moffa di Bra (Cuneo), completato nel 1951. Dal 1952 al '54 si esercita nel "tirocinio" di regola, assistendo e insegnando ai bambini difficili nell'Istituto "Famiglia Moresco" di Bogliasco (Genova), dove valuta e matura la sua vocazione con la sua consacrazione totale e perpetua al Signore nella famiglia di Don Orione, l'11 ottobre dell'anno Mariano 1954. Subito dopo inizia la sua preparazione sacerdotale nel nostro teologico di Tortona, dove riceve il Diaconato (21.12.57) e il presbiterato (29.6.58), completando l'iter formativo con l'Anno Pastorale all'Istituto "Mater Dei" in Roma (1958-59). Subito domanda ed ottiene di partire per le missioni; il 12 luglio 1959 è in Brasile, a Rio de Janeiro, per ambientarsi ed apprendere la lingua e relativa "inculturazione", oggi tanto riscoperta e reclamata. Dal 1960 al '62 è direttore del Collegio Don Orione e Vicario generale della formanda diocesi di Tocantinòpolis, dove tornerà nel triennio '67-69 sempre con gli stessi incarichi, dopo aver diretto, maestro di sapere e di vita, soave e inflessibile, dal '62 al '66 Collegi di scuola di primaria e secondaria a Rio de Janeiro ed a Sideròpolis (Santa Catarina) (1965-66), con Seminario San Pio X e Collegio Don Orione. Per i normali avvicendamenti di regola, è nuovamente a Rio (1769-'77) ed a Tocantinòpolis (1979-'83), allora stato del Goiàs, quindi compie per un triennio il servizio pastorale come parroco a Quatro Barras (1984-'86), alla periferia di Curitiba, la cosidetta città del sorriso: anche lui è chiamato "il padre del sorriso". Il 12 marzo 1984, ha la grazia tanto attesa di emettere il IV voto di speciale fedeltà al Papa, nelle mani del Card. Eugenio de Araujo Sales.La fiducia dei Superiori lo chiama a svolgere anche l'incarico di consigliere provinciale del Brasile Nord (1988-91), continuando nel frattempo a donare senza risparmio le sue energie, e le sue capacità organizzative e di dialogo, nella sua... "Cafarnao" Tocantinòpolis, per una sempre maggior preparazione umana, religiosa e civile dei giovani e della popolazione del Tocantis, promosso nel frattempo a Stato, anche se estremamente povero e bisognoso di tutto, per un livello di vita dignitoso della sua gente. La salute ormai compromessa lo costringono al ricupero ospedaliero per un ricovero, che, anche ai suoi occhi, pare difficile, visto l'andamento alterno delle terapie e delle cure amorevoli prestate dai medici: gli resta il cuore ed il sorriso. Nella sua serenità e giovialità, Don Cesare sa accettare la prova come un dono del Signore per salire con Lui la via dolorosa, ed offrirla per la Chiesa, per il Papa, per la Congregazione, nonché per la buona riuscita del "Progetto Missionario Orionino", al quale è stato particolarmente invitato ed al quale sarebbe ben lieto di portare il contributo della sua esperienza missionaria ed educativa. Di carattere aperto, generatore di gioia, socievole e gioviale, ma senza tenerumi, si faceva ben volere da tutti, sempre pronto al dialogo, disponibile al sacrificio ed al lavoro, dove emergeva la sua iniziativa e la sua capacità pratica. Religione e ragione fuse in una stessa dinamica. Doni naturali, certamente, ma coltivati e confermati da una soda pietà personale e liturgica, con una convinta e filiale devozione mariana, tipicamente "orionina", che trasformava la sua vita in preghiera, rendendolo capace di pregare con la vita. Sul letto del suo dolore diceva: "Nessuno può illudere: Dio mi è Padre. Vedo il volto della Madonna, una mamma accogliente: mi porta a casa...". (dagli "Atti e Comunicazioni della Curia Generale maggio agosto
1993) |
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