Sacerdoti
legati
alla
famiglia orionina
1. Barbieri Alessandro
2. Barsotti Divo
3. Boschin Cesare
4. Caronti Emanuele
5. Castellini Andrea
6. Codenotti Faustino
7. Cristiani Angelo
8. Cushing Richard
9. Gallizzi Domenico
10. Grassi Antonio
11. Guala Filiberto
12. Iori Quirino
13. Maiocchi Antonio
14. Maloberti Ersilio
15. Mogni M.Pio
16. Morotti Paolo
17. Pagnoni Carlo
18. Perosi Lorenzo
19. Rebora Clemente
20. Rodella Rinaldo
21. Rota Giuseppe
22. Spada Giulio
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Padre M.Pio MOGNI
Dagli Atti e Comunicazione della Curia Generalizia Don Orione:
Mentre questo numero degli « ATTI » è in corso di stampa ci telefonano da
Roma che stamattina, alle 2, è spirato santamente alla Trappa delle Tre
Fontane il nostro Don Mogni.
Colpito in giugno da male inguaribile ai polmoni, si è preparato all'incontro
con il Signore unendo al silenzio e alla preghiera il « mysterium crucis »,
che doveva rendere più preziosa e meritoria la sua immolazione nei lunghi
mesi di sofferenza al « Forlanini » e poi nella infermeria della Trappa.
Nell'ultima visita fattagli 5 giorni fa con don Di Clemente mi pareva di
contemplare Gesù in Croce; era ridotto ormai solo pelle ed ossa, con due
grandi occhi imploranti e appena un fil di voce, per ripetere (ma dovetti
accostare l'orecchio alla sua bocca per capire): grazie..., grazie,..,
grazie.... Aveva fatto segno che desiderava la benedizione. L'ho
accontentato, ma poi mi sono messo in ginocchio, pregando che benedicesse in
noi tutta la famiglia di Don Orione. Tentò di schernirsi, nell'umiltà a tutti
ben nota; poi — pur con fatica — ha alzato la mano, mormorando la formula
della benedizione che avevo chiesto anche per il prossimo Capitolo. Eravamo
emozionati e nel tornare in curia con Don Di Clemente abbiamo sentito come il
bisogno di rimanere accanto a Don Mogni recitando per lui il rosario.
Già due settimane prima ci era apparso molto grave: tormentato dalla tosse
stentava a parlare. Mi aveva preso la mano e l'aveva portata sulla fronte in
modo che con l'indice segnassi una croce. Si era persino sforzato di
sorridere, pur nella stretta del male, quando lo assicuravo del nostro
ricordo, soprattutto a Tortona, davanti alla Madonna, sulle tombe di Don
Orione e di Don Sterpi. Ascoltava senza poter dir parola. Quando mi sono
congedato ed ero già sulla porta dell'infermeria, l'ho visto rivolgersi con
un gesto tanto espressivo e quasi implorante: « La mamma — mi ripetè — la
mamma, e don Alberto... ». Era un saluto per la mamma, sempre ricordata da
Don Mogni, perché durante le fasi del Concilio Vaticano II la visitava alla
Trappa con Mons. Angelo. Il ricordo si era fatto più intenso dopo la morte di
Mons. Angelo, quando Padre Pio scrisse quella « lettera alla mamma del
Vescovo » che rimarrà uno dei documenti più belli della davvero eccezionale
delicatezza e finezza, del suo animo.
Ieri l'altro, nel pomeriggio della festa della Purificazione, ero andato alle
Tre Fontane ancora con Don Di Clemente e con Don Dellalian, che non aveva più
incontrato Don Mogni dal 1931, quando lo aveva avuto insegnante indimenticato
e indimenticabile. Era gravissimo e non ci è stato possibile rivederlo:
dovevo e volevo dirgli che al mattino, nel breve colloquio con il S. Padre,
mentre Paolo VI mi consegnava il cero, avevo chiesta una benedizione speciale
proprio per lui... Gliela ha portata il giovane trappista che gli faceva da
infermiere: ma forse non è riuscito a farsi capire. Anche quell'estremo
conforto gli è stato negato, perché la sua morte fosse come quella di Gesù in
Croce, quasi abbandonato dal Padre?
Avevo cominciato a conoscerlo e a stimarlo fin dal 1932
quando abbiamo avuto la fortuna di essere prescelti dal ven. Fondatore ad
accompagnarlo a Milano il giorno in cui Don Orione partecipò — con il Servo
di Dio Card. La Fontaine, venuto per la circostanza ancora una volta a
Tortona — alla inaugurazione della nuova sede dell'Università Cattolica del
S. Cuore, passata da via S. Agnese a piazza S. Ambrogio. Gli incontri
divennero poi quotidiani al San Giorgio mentre ultimava la sua tesi di laurea
in filosofia alla Cattolica e intanto si prodigava come insegnante presso il
nascente Istituto Magistrale, scavando come forse nessun altro negli alunni
con lo stile della sua vita, prima ancora che con la dottrina che possedeva
ed esponeva da Maestro insuperabile: un'orma che gli anni non dovevano più
attenuare. Sofferse indicibilmente nei mesi della guerra di Abissinia e
continuò a donarsi nella scuola con piena libertà di coscienza e di parola
anche negli anni più duri della dittatura e della guerra mondiale, mentre
oppressioni di ogni genere, rovine, lutti, lotte fratricide, privazioni e
fame si ripercuotevano nel suo animo sensibilissimo fino a farlo agonizzare.
Direttore al noviziato liceo di Villa Moffa, dopo aver reso servizi preziosi
come segretario generale della congregazione, si sentiva morire quando non
poteva provvedere alle necessità impellenti di suoi chierici, in momenti di
spaventose strettezze, e si riconfortava ogni volta che poteva correre verso
Tortona, alla cascina paterna (dove il sabato santo del 1939 Don Orione era
andato a pregare accanto alla salma del suo caro papa) e poteva avere dalla
mamma pane, uova, farina in quantità.
Poi, proprio in quel momento durissimo (ma come epilogo di proposito
lungamente meditato da un'anima che è stata tutta la vita santamente inquieta
e tormentata), la decisione per la Trappa. Quel che dev'essergli costata —
anche per gli ostacoli — nessuno saprà mai, soprattutto per l'amore
tenerissimo che lo legava alla mamma e il forte attaccamento a Don Orione e
alla congregazione. Vennero, così, quasi trent'anni di silenzio, di
preghiera, di penitenza e anche di prove misteriose cui Padre Pio non si
sottrasse mai per quella coerenza spietata che lo portava ad accettare le
cose fino in fondo, non importa se questo dovesse costargli la vita: aveva un
senso troppo alto della vita consacrata, un culto troppo radicale della
verità e della giustizia.
Dalle Tre Fontane passò a « la grande Trappe » di Soligny, al nord della
Francia, dove, in un'ora per lui particolarmente sofferta, lo raggiungevo per
dirgli che la sua antica famiglia religiosa gli era vicino come non mai, e ne
ebbe immenso conforto. Da Soligny la Trappe scese a quella di Citeaux donde,
per la bontà dell'Abate, poteva ogni anno fare una visita alla sua vecchia
madre, chiedendo umilmente ospitalità alla nostra Casa Madre di Tortona, ma
ritenendosene indegno, fino a mettersi in ginocchio e chiedere perdono se
aveva lasciato la congregazione. Venne, l'ultima volta, nel febbraio del '74;
depose per la Causa di Don Sterpi e portò al termine (con una fatica
esasperante per l'interiore esigenza che lo rendeva incontentabile di ogni
sua cosa, sempre in cerca di maggior esattezza e perfezione) il quaderno con
il commento al brano di Don Orione « Servire negli uomini il Figlio dell'Uomo
». Scrisse per un volume, non per un fascicolo, ma forse non era soddisfatto
di una sola pagina...
Dalla trappa di Citeaux nel giugno scorso tornava febbricitante, e
trascinando come potè le sue povere cose, fino alle Tre Fontane, colpito dal
male che doveva così presto stroncarlo. Parve riprendersi con la cura al
Forlanini, dove ci accoglieva sempre sorridente e riconoscente, stupito, ogni
volta più, che ci si prendesse tanta cura di lui, che non meritava..Potè
rientrare per qualche settimana nella sua abbazia e la notte, nella novena
dell'Assunta, in cui mi trovavo alle Tre Fontane per un ritiro, l'ho avuto
accanto a me, in coro, leggero e diafano come un angelo, mentre mi suggeriva
le pagine del salterio con la nuova salmodia in italiano che tanto gustava, o
mi voltava, agile e premuroso, i fogli del grande antifonario.
Qualche settimana dopo, la ripresa del male: altri mesi al Forlanini e le
ultime stazioni della sua « via crucis » nell'infermeria delle Tre Fontane,
di un'unica cosa sempre e solo desideroso: bere tutto, fino in fondo, il suo
calice...
Ho qui qualcuna delle sue ultime lettere. Ne trascrivo qualche brano, perché
penso diranno più di quanto non abbia saputo esprimere quello che l'animo
suggeriva in quest'ora che è per me di tanta mestizia, anche perché sto per
andare dalla sua mamma e non so come dirle che il suo don Dante è tornato a
Dio.
Abbaye de N.D. de Citeaux, 30 maggio 1974
Rev.mo Padre,
la grazia e la pace del Signore!
Sono confuso di non aver ancora risposto a nessuna delle tre ultime sue. Me
ne perdoni per l'amor di Dio! E ancora prima perdoni l'indiscrezione di
quella telefonata. Lei aveva la bontà di rispondermi in termini dai quali
capivo tutto l'imbarazzo in cui avevo messo la sua delicatezza. Stia
tranquillo: è stato provvidenziale tutto come è avvenuto, e la sua stessa
impossibilità di muoversi dati gli impegni in cui era! Ho capito dopo, quando
il Signore mi ha aperto gli occhi sulla situazione interna dell'Italia. Il
mio era un senso, un'impressione di crollo; e avrei voluto metterle in mano
dèi dati raccolti, per veder di portare un contributo alla buona causa. Ma
così come stavano le cose la buona causa era già perduta in partenza. Mi
perdoni che le ho recato la pena di non poter venire: la misuro tutta dal suo
grande buon cuore, e la soffro. Che il Signore che ha visto tutta la sua
carità, la ricompensi, sia ringraziato da parte mia della misericordia che mi
ha usato di risparmiarle un viaggio inutile.
Lei poi ha voluto ricordarmi da Novi Ligure con quel pensiero così
affettuoso. Leggevo bene tra le righe, che la sua bontà voleva colmare come
un vuoto; di più aveva voluto accanto a lei, per farmi cosa cara, tutti i
firmatari, che vorrei ringraziare uno per uno.
Più ancora, infine, la visita alla mamma, proprio il giorno 12, festa della
Mamma. Tutto questo mi ha toccato profondamente il cuore.
Avrei dovuto risponderle subito. E invece lo faccio adesso. L'espresso è per
arrivare con meno ritardo. Ma vi è anche una circostanza particolare. Ed ecco
qui, che la mia umiliazione è al colmo. Mi perdona anche questo? E' per non
apparire scompiacente verso il P. Abate, che mi offre con insistenza una
venuta in Italia per sottopormi a una visita un po' generale. E' da oltre un
mese che non sto troppo bene, ed egli nella sua premura paterna vorrebbe
vederci un po' chiaro, e in tempo utile.
Potrei far capo a Genova?
Attendo umilmente un suo cenno.
Implorando con riconoscenza filiale su di lei, sulla sua mamma, su don
Alberto e tutti i loro cari le grazie e le benedizioni del Signore, le bacio
le sacre mani.
Dev.mo FR. M. PIO MOGNI
Roma, 22 ottobre 1974, dall'ospedale
Distint.ma Signora,
don Pino mi ha portato le sue caramelle con il prezioso biglietto scritto di sua
mano, pegno dei suoi voti affettuosi e della carità delle sue sante orazioni.
Il Signore la ricompensi di tanta squisita bontà!
Mi ottenga Mons. Angelo dal cielo, per intercessione della Madonna SS., la
luce della sua fede che gli faceva vedere, nelle prove che Dio ci manda, il
mezzo per unirci più intimamente alla grazia della Passione di Gesù.
Ogni bene nel Signore a lei, a don Pino, a don Alberto e a tutti i loro Cari!
Coi sentimenti della mia commossa riconoscenza
dev.mo in G. C. FR. M. PIO MOGNI
Tre Fontane, 20 dicembre'1974
Carissimo don Alberto,
purtroppo non ho la forza e la testa che vorrei per poter rispondere come
meriterebbe, alla sua veneratissima natalizia. Vede che anche la mia mano è
malferma. Dunque, come prima cosa, caro don Alberto, imploro il suo ampio
perdono per amor del Signore. Sappia che i suoi voti formulati nelle memorie
santissime di Mons. Angelo e di Don Sterpi mi scendono nel profondo del
cuore.
Che Dio la ricompensi di tanta carità di cuore, io non potrei meglio e fare
miei questi voti e rivolgerli a Dio per lei, per la sua veneratissima mamma,
per don Pino e per tutti i loro cari. Che gran servizio mi ha fatto, don
Alberto, permettendomi così di servirmi delle sue parole1. Che squisito atto
di pietà!
Ringrazio la mamma che ha avuto la bontà di vergare a mano quelle sue care
espressioni e di firmarle del suo nome. '
Grazie ancora delle buone notizie del ven.mo Superiore Generale messaggero
instancabile dello Spirito di Dio e di Don Orione nel mondo.
Ho preso atto del decesso segnalato. Preghiamo per tutti i poveri morti.
Pare che la Divina Provvidenza voglia con un disegno misterioso riavvicinarci
un po'. E' una grande grazia del Signore e del Cuore di Don Orione. Possa io
tirarne profitto per la mia povera anima!
Ogni benedizione in Gesù bambino a lei, a don Pino, alla mamma anche per
tutto l'anno nuovo! Un abbraccio a tutti i fratelli che vivono all'ombra
della Madonna della Guardia e nel raggio della Casa Madre, soprattutto al
carissimo Don Rizzi.
FR. M. PIO MOGNI
Tre Fontane, 15-1-1975
Carissimo don Sciaccaluga,
perdonate nel vostro gran cuore ancora una volta il ritardo nel rispondere ai
vostri graditissimi auguri, e del vostro buon fratello Nicolino, e dei cari
confratelli. E' un povero malato che vi chiede perdono. Egli li ha formulati
nella preghiera per voi e per tutti, ma deve umiliarsi di non aver potuto
arrivare un po' prima.
Agli auguri avete voluto unire ancora la vista di Camaldoli " beata
visione di un lembo di CIELO: coelestis urbs Jerusalem ".
Il Signore vi guardi con amore di predilezione sotto le Sue ali, ancora tanti
anni al bene e all'apostolato dei piccoli e dei poveri. La madonna vi prepari
una grande corona, insieme ai Ven.ti Padri Fondatori.
Io declino sempre più. Disposizioni adorabili del Signore. Una preghiera che
mi aiuti ad andarGli incontro nelle condizioni migliori.
Addio, caro Fratello d'anima; vi abbraccio tutti in osculo sancto.
FR. M. PIO MOGNI
Avevo interrotto la stesura di queste note per portarmi a Valle S.
Innocenzo, dalla mamma di Don Mogni. Andavo con tanta trepidazione, tanto più
che un suo parente medico — incontrato giorni fa alle Tre Fontane — mi aveva
suggerito che, in ogni caso, sarebbe stato bene non dire nulla ad una
novantenne. Invece, quando sono entrato nell'umile casetta che dista da
Tortona esattamente la recita di un Rosario, la mamma sapeva già e, pur nel
dolore immenso, mi è apparsa serena e forte come la Madonna ai piedi della
croce. Mi è venuto spontaneo pensare che la mamma di un Don Mogni non poteva
che essere cosi. La mia edificazione è poi cresciuta quando — dopo il primo
momento, emozionante per tutti — mi confidava di aver pregato sempre così,
durante la malattia del suo Don Dante: « Signore, se potete lasciarcelo
perché faccia ancora un po' di bene, lasciatecelo; se non potete, sia fatta
la vostra santa volontà... ». E ancora: «Ogni sera facevo la "Via Crucis
" chiedendo la grazia, ma sempre concludendo: Signore, si faccia la
vostra volontà... ».
C'era con me Don Florian. Scendendo verso Tortona ci scambiammo, ammirati da
tanta fede, le nostre impressioni. Una umile contadina che a 90 anni prega
così e vive così il suo cristianesimo — e nell'ora del più grande dolore — ha
qualcosa da insegnare anche a religiosi persuasi di essere molto avanti nella
virtù, e soprattutto a teologi, carismatici e pseudo profeti, capaci di
discussioni e riflessioni a non finire, ma assai meno capaci di pregare e di
vivere con la fede di D. Mogni e di sua madre...
* * *
Meditando il mistero della malattia e della morte di questo nostro carissimo
fratello — uno dei migliori che la congregazione ha mai contato tra le sue
file — mi chiedo quale possa essere il motivo per cui le mie ultime parole
abbiano dovuto essere proprio in memoria di Don Mogni. Forse perché avessimo
davanti — in questa vigilia del Capitolo — l'esempio di chi ha saputo vivere
la sua consacrazione in modo così sublime, con una stupenda interiorità, una
rettitudine assolutamente aliena da qualsiasi compromesso, una vita
spirituale così elevata, e un così grande amore a Don Orione. Forse anche
perché ci conforti — nelle ore che verranno — la coerenza e la fortezza con
cui Don Mogni ci ha soprattutto insegnato a volere e ad amare — in ogni
circostanza ed a qualunque costo — quello che vuole il Signore...
d. Z.
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La prima lettera (l'espresso di fine maggio '74)) riflette il suo spasimo
dopo l'introduzione del divorzio in Italia. Quasi esule in Francia, piange
sulle rovine morali della sua Patria come Gesù su Gerusalemme. Il fermarsi da
noi a Genova fu purtroppo impossibile perché — a causa degli scioperi postali
— non ricevette in tempo la nostra risposta.
La lettera a don Alberto, scritta in diverse riprese nelle alterne vicende
del male, è scritta con inchiostri diversi e alla fine con caratteri
tremanti. E' uno dei suoi ultimi scritti, e chissà quanto dovette soffrire.
Tortona, 4 febbraio 1975
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