Don
Cesare Boschin, figlio di Giuseppe e Cazzaro Clementina, era un sacerdote
di Don Orione, nato a Silvelle l’8 ottobre 1914 e morto assassinato il 29
marzo 1995 a Borgo Montello, una frazione del comune di Latina, dove era
parroco. Un omicidio tuttora irrisolto ma che si ritiene essere avvenuto
perché il sacerdote si era opposto alle infiltrazioni della camorra nel
Lazio per la realizzazione della discarica di rifiuti in quel territorio.
Per far conoscere la figura di don Cesare e far riflettere sulle problematiche
legate alla criminalità è stata organizzata il 29 aprile a Trebaseleghe la
Giornata della legalità. L’incontro di formazione e sensibilizzazione dal
tema “Morire di rifiuti …, la figura di don Cesare Boschin” era rivolto a
genitori e cittadinanza ed è stato promosso dalla scuola media G. Ponti.
I ragazzi di terza media, coordinati dai docenti di religione, dalla
Preside e dall’associazione Libera hanno svolto documentati ed approfonditi
lavori nell’ambito di un percorso di educazione alla legalità. La giornata
conclusiva ha visto la partecipazione attenta di molte persone che hanno
potuto ascoltare e vedere le rappresentazioni che documentavano la storia
di un povero prete di campagna che nell’esercizio del suo ministero si è
rivelato scomodo ai potenti ed a quanti si sentivano minacciati dalla
verità.
A ringraziare ragazzi e docenti, ma soprattutto a dare forza al messaggio
di don Cesare era presente don Luigi Ciotti, presidente di Libera,
l’associazione nata nel 1995 con lo scopo di sollecitare la società civile
nella lotta alle mafie e promuovere la legalità e la giustizia.
Don Ciotti nel ringraziare la comunità di Trebaseleghe, ha ricordato che
Libera già nel 2009, ad un convegno a Roma cui era presente il presidente
Napolitano, aveva chiesto la riapertura delle indagini sui fatti che
avevano portato alla morte del sacerdote. E’ ormai opinione comune,
infatti, che la matrice del delitto sia la medesima di quella che aveva
portato agli assassini di don Puglisi (1993) e don Diana (1994). La morte
di don Cesare si colloca, non a caso, nel 1995 un anno dopo quella di don
Diana e due anni dopo quella di don Puglisi. L’appello di don Ciotti fu
subito fatto proprio da diverse associazioni antimafia del Lazio nonché
dall’Azione cattolica della diocesi di Latina e dall’Agesci pontina.
Don Ciotti si era fatto portavoce a livello nazionale delle richieste di un
gruppo di cittadini di Borgo Montello che sosteneva che la morte del loro
parroco era legata ai traffici di rifiuti tossici smaltiti illegalmente
dalla camorra nella vicina discarica. Il traffico era stato confermato
negli anni da numerosi pentiti e ha trovato riscontro nel ritrovamento di
rifiuti tossici interrati nella zona.
Durante la giornata hanno portato il loro contributo anche Claudio Gatto,
Luciano Boschin, amico e parente del sacerdote ucciso, e Alessandra
Chiorboli, che a Borgo Montello si è impegnata a far luce su questo delitto
di mafia.
Il sindaco Lorenzo Zanon, anche a nome dell’Amministrazione Comunale, ha
ribadito che sarà a fianco di Libera, di don Luigi Ciotti, dei parenti e di
quanti a Borgo Montello vogliono appoggiare e sostenere la riapertura del
caso e portare finalmente alla luce la verità dovuta a don Cesare.
Rachele Azzalin su “La
Vita del Popolo di Treviso”, giovedì 9 maggio 2013
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