Figli della Divina Provvidenza (FDP) A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W Z ordine alfabetico per Cognome
Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario) |
C (111) 2. Cabri Mario 7. Caione Luigi 11. Camilloni Renato 12. Camilloni Romolo 14. Campanelli Nazareno fra Bernardino 17. Canavese Ernesto 18. Candoni Luigi 19. Canini Eliseo 21. Cano Marcellino 22. Cantoni Lino 23. Capelli Fausto 24. Capettini Ernesto Fra Romualdo 27. Carbone Giuseppe 28. Carbonelli Luigi 29. Carboni Antonio 30. Cardona Antonio 31. Carello Giuseppe 33. Carminati Giovanni Battista 34. Carminati Luigi 35. Caronti Emanuele 36. Carradori Gino 38. Casa Francesco 40. Casati Giovanni 41. Casciola Brizio 43. Cassulo Mario 51. Cavallo Giuseppe 52. Cavani Adolfo 57. Ceccato Mario 58. Cenci Francesco 59. Cerasani Antonio 60. Cerruti Giacomo 61. Cesaretti Carlo 62. Cesaro Albino 65. Chiarini Enito 71. Ciacci Nazareno 73. Ciccioli Remo 74. Cichy Jozef 75. Cicolini Bruno 77. Ciolli Enrico 78. Ciolli Paride 80. Coata Paolo 81. Codutti Luigi 82. Collina Marino 86. Contardi Enrico 87. Conti Ettore 88. Contoli Giuseppe 89. Corazza Cesare 90. Corona Germano 91. Corrado Alberto 95. Costantini Luigi 96. Costanzi Ivo 97. Cotani Carlo 99. Cremaschi Giulio 100. Cremaschi Ippolito 101. Cremasco Angelo 102. Crescenzi Rocco 103. Cressotti Giuseppe 104. Cribellati Felice 105. Cruciani Giovanni 106. Cruciani Ugo 107. Cuciz Alberto 108. Cupini Andrea 109. Curci Aldo 110. Curetti Giuseppe 111. Cutarelli Carlo |
Sac. Gino CARRADORI Piamente deceduto all’Ospedale “San Martino” di Genova il 22 maggio 2005, a 91 anni d’età, 73 di Professione religiosa e 65 di sacerdozio. Figlio di Vincenzo e di Firmina Giovagnoli, nacque a Camerino (Macerata) il 22 ottobre 1913, fu battezzato 10 giorni dopo e cresimato il 21 maggio 1918. La famiglia, anche se povera, era profondamente unita e di solide convinzioni cristiane, che ne favorirono la vocazione durante le scuole regolarmente compiute fino alla seconda classe media a Camerino, dal ’20 al ’27. Il 26 ottobre 1927, accompagnato da Don Remo Ciccioli, con altri coetanei e conterranei delle Marche, varcò le porte del “Paterno” di Tortona “senza bisogno di suonare, perché le porte erano ancora aperte”, accolto dal sorriso luminoso e accattivante del Fondatore, che subito tramutò il batticuore e tremore in gioia per il nuovo ambiente di vita. Ebbe la vestizione talare per mano di Don Orione, l’8 dicembre ’27. Compiute le altre classi del ginnasio tra Tortona e Voghera , nell’autunno ’29 fu inviato a Roma, Via Sette Sale per studiare Filosofia alla “Gregoriana” (’29-’32), conseguendone la laurea. Fu destinato assistente e insegnante dei probandi a Montebello (Pavia), quando Don Orione, nel ’33 decise d’inviarlo a Zdunska Wola in Polonia, insegnante di filosofia (che teneva in latino), imparando ben presto la lingua polacca e completando il noviziato canonico che già aveva fatto a Villa Moffa, professando la prima volta il 17 settembre ’31. Richiamato in Italia nel ’35, fu nuovamente iscritto alla “Gregoriana” per la teologia, dove conseguì la relativa licenza nel ’39. Emise la Professione definitiva nella festa dell’Assunta 1938 a Sant’Oreste di Roma. Il diaconato gli fu conferito nella cappella del Seminario Romano Maggiore al Laterano l’8 aprile ’39 e l’Ordine del Presbiterato lo ricevette nella nostra Parrocchia di Ognissanti all’Appio il 30 luglio ’39 da Mons. Francesco Pascucci, presente Don Orione. Queste furono le ultime ordinazioni cui presenziò il Santo fondatore. Per l’anno scolastico ’39-’40 fu chiamato alla Casa madre, dove il Fondatore lo scelse come suo segretario e lo andava preparando come missionario e insegnante per le istituzioni dell’Argentina. Lo si evince dalla lettera del 9 marzo ’40 di Don Orione a Don Zanocchi (tre giorni prima della sua morte!) : “Il 29 corrente, partirà con l’”Oceania” per l’Argentina il Sacerdote Carradori Dottor Luigi, per l’insegnamento ai nostri chierici.” (I,284). Giunto a Claypole (1940), gli venne affidato l’insegnamento della filosofia e teologia al Collegio apostolico e, dopo la padronanza della lingua castigliana, assunse la direzione della scuola e del Collegio “San José” di Victoria, fino al ’42. Dopo, fino al ’48 ebbe dai Superiori l’ncarico dell’apertura, promozione e direzione delle opere, specialmente il Piccolo Cottolengo, in terra cilena, in tempi e luoghi ove non c’erano ancora i benefattori e gli Amici. Tuttavia, con molta fiducia nella Provvidenza, con vero spirito orionino e pionieristico, si sforzò con sacrifici e sofferenze personali a seminare e coltivare in Cile il “carisma” e la carità per il bene delle anime e della Congregazione, curando le vocazioni. Rientrato in Italia per ritemprarsi nella salute alquanto scossa, nel ’49 ebbe la direzione del nuovo Istituto Teologico della Congregazione a Tortona (’49-’53), con una parentesi a Casseneul in Francia, per migliorare la lingua francese. Nuovamente destinato in Sud America, fu Delegato delle Istituzioni in Uruguay, e dal ’55 al ’62 ebbe la direzione provinciale “N. S. della Guardia” in Argentina. Partecipò a vari Capitoli provinciali e generali (dal IV all’VIII) e fu eletto terzo Consigliere generale in quello del ’62, con la carica di Assistente gen.le agli studi (’63-’69). Passò alla Delegazione Inglese come Delegato e direttore di Kingston on Thames (’69-’75) e poi Consigliere della medesima e incaricato di Saint Ouen presso Parigi. Dal ’80 all’85 diresse l’Istituto Teologico Don Orione di Roma, affiliato alla “Lateranense”, indi a Firenze quello per disabili con lavoro protetto in Via Capo di Mondo fino al ’90 e dopo tre anni come vicario, passò incaricato dell’istituto di Bogliasco (Genova) per un anno. Ancora un anno cappellano a Villa Santa Clotilde di Sanremo e dal ’96 al ’99 Consigliere e cappellano a Genova Castagna. Fece anche una esperienza di vita eremitica cui tanto aspirava negli ultimi tempi, trascorrendo cinque anni a Claypole, per meglio prepararsi nella solitudine, nella preghiera e nella mortificazione, all’”Unum necessarium”: l’unione con Dio. Tuttavia sempre rimettendosi alla volontà dei superiori, preoccupati per la sua salute. Rientrato in Italia, proseguì l’esperienza nel Villaggio della Carità di Genova Camaldoli, lieto di offrire tutto se stesso a Dio, nella sofferenza e nell’aridità di spirito, fino alla chiamata finale dopo il breve ricovero ospedaliero. Ebbe la gioia di partecipare al piccolo gruppo di chierici che pellegrinarono a piedi da Roma a Tortona, in occasione dell’inaugurazione del Santuario della Madonna della Guardia, nel 1931. I funerali, presieduti da Don Perlo e dal Provinciale Don Congiu, presenti molti confratelli ed amici, si svolsero nella chiesa “Causa Nostrae Laetitiae” a Genova Camaldoli il 23 maggio al mattino. La salma poi proseguì per Camerino (Macerata) dove dopo le esequie concelebrate dal Provinciale, dal Parroco e dai sacerdoti amici, riposa nella tomba di famiglia. (dagli "Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia" n.59 - 2005) in memoria: su: Amici di Don Orione, mensile del Piccolo Cottolengo di Don Orione, Genova Con Don Orione sulle strade del mondo,
Don Orione Oggi, luglio agosto 2005 DON LUIGI ORIONE di don Gino Carradori Chi oserebbe sentenziare circa il rapporto di Dio con l'anima umana? Due misteri. Dio e l'anima che nessuna mente umana è capace di penetrare, sebbene è cosa certa che l'anima sia legata a Dio da un portentoso vincolo di amore, che va dalla culla al sepolcro, e nonostante tutto, guidi l'uomo affinchè raggiunga la meta che gli ha assegnato. È necessario non invertire i termini. Dio in tutto è l'agente primario: con il suo aiuto l'uomo potrà essere un collaboratore più o meno valido; dipende dalla sua capacità di assimilare la grazia che lo anima e lo sostiene. Per raggiungere la meta che il Signore aveva assegnato a don Orione, apparentemente dovette percorrere vie dure e tortuose. Si richiedevano quelle esperienze? Se Dio le ha volute, certamente, sì. Esperienze necessarie per preparare il futuro apostolo della carità. Carità senza qualificativi che ne restringerebbero il campo; aperta invece e senza limiti come quella del cuore di Cristo. All'alba della sua vita, l'esperienza di povertà in famiglia e specialmente quella di selciatore accanto al padre, gli avevano fatto capire che non sempre l'ordinamento sociale è giusto. Se san Giovanni Bosco, grazie all'interessamento del buon don Milanesi, non fosse venuto in suo aiuto, chissà cosa sarebbe potuto avvenire di quel ragazzo! Una volta disse: «se non fossi prete, ciò che ha fatto Mussolini l'avrei fatto prima di lui». Faceva per dire? Dato il carattere del personaggio, non ne sono molto sicuro. Don Bosco gli aprì le porte del seminario. Come vedere in questi cambi di rotta la mano della Divina Provvidenza? Ciò che veramente conta, più che il seminario è il campanile del Duomo. Sì perché la posizione della cameretta che gli fu assegnata, permetteva di guardare all'interno del Duomo e vedere il Tabernacolo e il lumicino ondeggiante del Santissimo Sacramento. A nessun prezzo avrebbe ceduto ad altri quel luogo. Presto sorse l'abitudine di lunghi ed appassionati incontri notturni. Per condividere in qualche modo le pene della Croce, il chierico Orione introduceva schegge di legno nel paglione su cui giaceva. Gesù era esigente: chiedeva continuamente qualcosa di nuovo, definendo così le caratteristiche della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Le cose maturavano nella mente e nel cuore di Luigi con una risposta di Fede forte e ardente, che non arretrava davanti agli inevitabili ostacoli, anche quando erano causa di agonia, comparabile col venerdì santo di Cristo. E sorsero i centri per l'insegnamento del Catechismo. Sorsero scuole di vario tipo, ma mai per creare classi privilegiate. La sua preoccupazione fu sempre di aiutare il mondo operaio a migliorare le proprie condizioni di vita. Il problema da risolvere era soprattutto la formazione tecnica, non con chiacchiere, ma con scuole appropriate e ben attrezzate, e più ancora la formazione umana. La sua fu una vita di lotta: di amare delusioni, di stanchezze mortali. A consolarlo la Provvidenza gli ispirò la fondazione dei "Piccoli Cottolengo". Questo meraviglioso tipo di opera di carità lo aveva conosciuto da ragazzo, a Torino, proprio accanto all'Istituto don Bosco. Lo aveva ammirato, lo aveva amato e, qualcosa, allora ancora impreciso, era nato nel suo cuore. Nel genere umano c'è una categoria di persone che sono gli "ultimi"perché nessuno se ne prende cura. Spesso manca il pane e il tetto; ma ciò che strazia è che manca anche un po' d'amore, (Don Orione non si preoccupa esclusivamente dell'Italia: i popoli sono tutti fratelli, figli di Dio). È probabile che "tutto" sia una delle parole più usate da Don Orione. Certe volte, stringendo il pugno, esclamava: «così bisogna essere; tutti di un pezzo». Con tante cose da fare e tanti problemi da risolvere, la vita accanto a Lui era serena, sapeva comprendere e compatire. Ed era un uomo di buona compagnia. Quando si trovava a Tortona, nella Casa Madre, dopo la "buona notte" data alla comunità raggiungeva, con altri confratelli, l'ufficietto di don Sterpi, e lì se la raccontavano come tanti fratellini, accompagnandosi di tanto in tanto con fragorose risate. Credevano che nel frattempo la Provvidenza si occupava delle cose gravi... La sua povertà? Fu molto reale e concreta. Il suo ufficio? Una stanzettina con un tavolo vecchio, un letto di ferro, un lavamani dello stesso tipo, una stufa a segatura di secoli passati... un servizio igienico con turca a cui si accedeva per un corridoio non riscaldato. Uomo tutto d'un pezzo all'occasione, diveniva una tenera madre. Lo dica Luigino, l'orfanello malato al quale don Orione cedette il proprio letto, assistendolo poi durante tutta la notte. Per gli orfani era veramente padre e madre.
testimonianza di un confratello.... Caro ed indimenticabile don Gino Carradori, marchigiano doc. In lui c'è stata perfetta linearità tra princìpi creduti e vita vissuta di vero uomo di Dio. Attenendosi fedelmente e onestamente a quella luce proveniente dalla Fonte luminosa che gli ha indicato il cammino, si è rapportato anche con il prossimo, dovunque e con chiunque è stato. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di aver vissuto insieme a Parigi. Dei tanti momenti di vicinanza con lui, ne ricordo tre: 1 - Uno quando (per una lettera di don Dutto a
don Bressan, direttore del teologico, per un mio articolo su Volto del
Padre "Libertà e sacramenti"} mi stavano per mandar via dal
teologico e dalla Congregazione. Lui, dopo aver letto l'articolo e parlato
con chi di dovere, mi avvicinò durante una passeggiata al Castello di Tortona
e riuscì a... farmi ragionare e retrocedere dalla convinzione che se non
mi volevano, perché la mia maniera di pensare dava fastidio, meglio andarmene
senza che mi mandino via! 2 - L'altro fu in occasione della tragica morte di Alberto Corrado nel Po e in seguito allo scandalo che provocò, nei puri di sempre, il nostro bagno nel fiume. Quella morte, se ricordi, era stata preceduta dalla tensione di quell'anno, in cui .......e Alberto furono espulsi dal teologico e mandati ad abitare al paterno per essere stati sorpresi ad ascoltare il giro d'Italia nella radio a galena costruita da ...... Verso la fine di quell'anno ci fu prima il discorso del direttore generale don Pensa che ci minacciava dicendo di chiudere il teologato! E nei giorni della morte di Alberto il duro intervento di don Zambarbieri che, in quella tragedia vedeva un... castigo di Dio! I nostri animi erano esasperati e i pensieri orientati verso una presa di posizione non rassegnata: volevamo ritirarci in gruppo dalla Congregazione! Carradori riuscì a calmarci e far retrocedere ......, me, ......, ....... e altri... 3 - II terzo fu la sua affettuosa, paterna accoglienza a Parigi in un momento molto brutto della mia esistenza: lasciando l'Argentina lacerato interiormente e sradicato da tutto e da tutti, non m'interessava più... vivere. Passai quasi due anni con lui e mi sentii sempre accolto personalmente, con tutto quello che stavo facendo con gli esuli latino-americani... Don Carradori è stato un umile lavoratore nella vigna del Signore. Non ha cercato grandi visibilità per sé, ma servizio umile (a Parigi cucinava, lavava piatti e faceva pulizia nella casa) per il bene degli altri e perché non aveva soldi per pagare personale. La sua condotta aveva radici nel suo Signore venuto a servire e non ad essere servito o... a servirsi degli altri! Don Gino ha fatto il possibile e l'impossibile per ridare credibilità in momenti di buio a persone disgregate in tempi di disgregazione contrapponendo i valori fondanti del suo agire: Dio e Gesù di Nazareth. Al suo messaggio a parole fa credito una vita esemplare, giacché il riferimento a Dio e a Gesù di Nazareth non è indifferente neppure per i cosiddetti laici. Proprio così: l'essenza della laicità responsabile come del cristianesimo indicato nel Vangelo, è il vissuto. È essenziale anche per i preti. Scendere e camminare con il suo popolo nell'incarnazione di Gesù di Nazareth.
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